Ognuno di noi è seguito da un’ombra ma a Molfetta la perdi, perchè l’arte te la “ruba”. E’ quel che succede nella Chiesetta della Morte, dove fino al 3 febbraio
è possibile visitare la mostra “Alberto Biasi Prismi e Ombre”, il cui percorso espositivo prosegue e si completa nel vicino Torrione Passari.
Oggetto di questa singolare sottrazione è l’installazione “Eco”, che sta peraltro riscuotendo una notevole affluenza di pubblico. Tre grandi tele fosforescenti “rubano le ombre” dei visitatori trattenendole sulla superficie e lasciandole lentamente scomparire dopo alcuni istanti.
L’opera – la cui prima versione data 1974 – è un notevole esempio dell’arte cinetica di cui Alberto Biasi è un esponente di primissimo piano: una tela dipinta con materie fotosensibili assume l’impronta del visitatore, che la perde per un attimo, come liberata del corpo e del tempo.
Ispirata al mito della ninfa Eco, morta di consunzione per l’inutile tentativo di comunicare il suo amore a Narciso, nell’ambientazione della chiesa di Molfetta, ove nell’antichità venivano accatastati i corpi dei morti in battaglia, propone nuove suggestioni. Chiaro il riferimento alla morte e all’oblio: «Il visitatore perde la sua ombra, poi anch’essa svanisce» commenta l’artista, che ha deciso di donare l’opera alla città.
Altrettanto suggestiva è l’installazione “Light prisms”, collocata all’interno del Torrione Passari, nella vasca anticamente adibita alla raccolta dell’acqua piovana, un grande pozzo nella torre, in cui i visitatori trovano un arcobaleno di colori originati da tre raggi di luce bianca, scomposti nell’iride da tre prismi di cristallo, in continuo movimento di raggi, di colori che si scompongono, si rifrangono, si riflettono, passando dal rosso al giallo, dall’arancio al verde, dall’azzurro al violetto. Nasce così e si ammira un grande arcobaleno all’altezza del mare.
Solo queste due installazioni storiche meriterebbero una visita alla mostra, tuttavia anche altre opere – ospitate nei diversi ambienti del torrione – attirano l’attenzione per il loro cinetismo.Sono5 opere storiche, “dinamica visuale rotonda” del 1970 (cm 200×200), “dinamica visuale triangolare” del 1965 (cm 100x115x4,5), “movimento e contromovimento”, degli anni 1964-1970 (cm 100x100x4), “espansione, contrazione e viceversa” degli anni 1961-1969 (cm 100x100x4) e il più recente “rilievo ottico dinamico” del 1986 (cm 100×100).
La mostra è curata da Gaetano Centrone.
Ognuno di noi è seguito da un’ombra ma a Molfetta la perdi, perchè l’arte te la “ruba”. E’ quel che succede nella Chiesetta della Morte, dove fino al 3 febbraio
è possibile visitare la mostra “Alberto Biasi Prismi e Ombre”, il cui percorso espositivo prosegue e si completa nel vicino Torrione Passari.
Oggetto di questa singolare sottrazione è l’installazione “Eco”, che sta peraltro riscuotendo una notevole affluenza di pubblico. Tre grandi tele fosforescenti “rubano le ombre” dei visitatori trattenendole sulla superficie e lasciandole lentamente scomparire dopo alcuni istanti.
L’opera – la cui prima versione data 1974 – è un notevole esempio dell’arte cinetica di cui Alberto Biasi è un esponente di primissimo piano: una tela dipinta con materie fotosensibili assume l’impronta del visitatore, che la perde per un attimo, come liberata del corpo e del tempo.
Ispirata al mito della ninfa Eco, morta di consunzione per l’inutile tentativo di comunicare il suo amore a Narciso, nell’ambientazione della chiesa di Molfetta, ove nell’antichità venivano accatastati i corpi dei morti in battaglia, propone nuove suggestioni. Chiaro il riferimento alla morte e all’oblio: «Il visitatore perde la sua ombra, poi anch’essa svanisce» commenta l’artista, che ha deciso di donare l’opera alla città.
Altrettanto suggestiva è l’installazione “Light prisms”, collocata all’interno del Torrione Passari, nella vasca anticamente adibita alla raccolta dell’acqua piovana, un grande pozzo nella torre, in cui i visitatori trovano un arcobaleno di colori originati da tre raggi di luce bianca, scomposti nell’iride da tre prismi di cristallo, in continuo movimento di raggi, di colori che si scompongono, si rifrangono, si riflettono, passando dal rosso al giallo, dall’arancio al verde, dall’azzurro al violetto. Nasce così e si ammira un grande arcobaleno all’altezza del mare.
Solo queste due installazioni storiche meriterebbero una visita alla mostra, tuttavia anche altre opere – ospitate nei diversi ambienti del torrione – attirano l’attenzione per il loro cinetismo.Sono5 opere storiche, “dinamica visuale rotonda” del 1970 (cm 200×200), “dinamica visuale triangolare” del 1965 (cm 100x115x4,5), “movimento e contromovimento”, degli anni 1964-1970 (cm 100x100x4), “espansione, contrazione e viceversa” degli anni 1961-1969 (cm 100x100x4) e il più recente “rilievo ottico dinamico” del 1986 (cm 100×100).
La mostra è curata da Gaetano Centrone.